Proseguendo per Camerino si fa sosta a Muccia, patria del Beato Rizzerio, intimo amico di S. Francesco, da lui conquistato quand’era studente a Bologna insieme a Pellegrino da Falerone (I Fioretti, cap. 27).
FF 1860. Giungendo una volta Santo Francesco alla città di Bologna, tutto il popolo della città correa per vederlo; ed era sì grande la calca, che la gente a grande pena potea giugnere alla piazza. Ed essendo tutta la piazza piena d’uomini e di donne e di scolari, e Santo Francesco si leva suso nel mezzo del luogo, alto, e comincia a predicare quello che lo Spirito Santo gli toccava. E predicava sì maravigliosamente, che parea piuttosto che predicasse Agnolo che uomo, e pareano le sue parole celestiali a modo che saette acute, le quali trappassavano sì il cuore di coloro che lo udivano, che in quella predica grande moltitudine di uomini e di donne si convertirono a penitenza.
Fra li quali sì furono due nobili studianti della Marca d’Ancona; e l’uno avea nome Pellegrino e l’altro Rinieri; i quali due per la detta predica toccati nel cuore dalla divina ispirazione, vennono a Santo Francesco, dicendo ch’al tutto voleano abbandonare il mondo ed essere de’ suoi frati. Allora Santo Francesco, conoscendo per rivelazione che costoro erano mandati da Dio e che nello Ordine doveano tenere santa vita, e considerando il loro grande fervore, li ricevette allegramente, dicendo a loro: «Tu, Pellegrino, tieni nell’Ordine la via dell’umiltà; e tu, frate Rinieri, servi a’ frati ». E così fu: imperò che frate Pellegrino mai non volle andare come chierico, ma come laico, benchè fosse molto litterato e grande decretalista; per la quale umiltà pervenne in grande perfezione di virtù, in tanto che frate Bernardo, primogenito di Santo Francesco, disse di lui ch’egli era uno de’ più perfetti frati di questo mondo. E finalmente il detto frate Pellegrino, pieno di virtù, passò di questa vita alla vita beata, con molti miracoli innanzi alla morte e dopo. E detto frate Rinieri divotamente e fedelmente serviva a’ frati, vivendo in grande santità e umiltà; e diventò molto famigliare di san Francesco, e molti secreti gli rivelava santo Francesco. Essendo fatto ministro della Marca d’Ancona, ressela grande tempo in grandissima pace e discrezione”.
Effettivamente frate Rizzerio (Rinieri) da Muccia fu il terzo Ministro Provinciale della Marca. Di lui, della sua particolare confidenza con S. Francesco, narra Tommaso da Celano.
FF 408. Quanto alla conoscenza che egli aveva dei segreti dei cuori, tra le molte prove che molti conobbero, ne riferirò una indubitabile sotto ogni aspetto. Un frate di nome Riccerio, nobile di famiglia e più ancora di costumi, vero amante di Dio e disprezzatore di se stesso, aveva il pio desiderio e la fortissima volontà di assicurarsi la piena benevolenza del Santo padre Francesco; ma d’altra parte lo tormentava il timore che San Francesco lo detestasse segretamente, privandolo del suo affetto. Era convinto questo frate, assai timorato, che chiunque era amato di particolare amore da San Francesco, fosse anche degno di meritarsi la divina grazia, e che viceversa fosse segno di condanna del Giudice divino, se non fosse accolto da lui con benevolenza e amicizia. Ma non rivelava a nessuno questo suo inquietante e persistente pensiero. Un giorno però il beato padre, mentre pregava nella cella, e quel fratello, angosciato dal solito dubbio, stava avvicinandosi a quel «luogo», ne avvertì l’arrivo e il turbamento che aveva nell’animo. Subito lo fece chiamare, e gli disse: «Non lasciarti turbare da nessuna tentazione figliolo; nessun pensiero ti tormenti, perché tu mi sei carissimo, e sappi che sei tra quelli a me più cari, e ben degno del mio affetto e della mia amicizia. Vieni da me quando vuoi, liberamente come ad amico». Restò attonito frate Riccerio, e da allora in poi, pieno di più grande venerazione, quanto più vedeva crescere l’amore di San Francesco per lui, tanto più dilatava la sua fiducia nella divina misericordia.
E lo Specchio di perfezione, proprio a riguardo la questione sulla povertà dice: FF 1679. Frate Rizzerio della Marca, nobile per nascita e più nobile per santità, amato con grande affetto da Francesco, lo visitò un giorno nel palazzo del vescovo di Assisi. Fra gli argomenti dei quali parlò con il Santo intorno allo stato della Religione e all’osservanza della Regola, lo interrogò in particolare su questo punto: «Dimmi, o Padre, che intenzione hai avuto da principio, quando cominciasti ad avere dei fratelli, e qual è l’intenzione che hai ora e credi d’avere fino al giorno della tua morte. Così sarò assicurato della tua intenzione e volontà prima e ultima. Noi frati chierici possediamo tanti libri: possiamo tenerceli, dicendo che appartengono alla Religione?». Gli rispose Francesco: «Fratello, ecco la mia prima intenzione e ultima volontà – e volesse il cielo ch’io fossi riuscito a convincerli! – che cioè nessun frate abbia se non l’abito che la Regola autorizza, con il cordiglio e le brache».