L’itinerario prosegue per Falerone, patria dei Beati Pellegrino e Jacopo (I Fioretti, capp. 27; 32; 51). Al capitolo 32 de I Fioretti, Jacopo da Falerone appare come intimo di frate Masseo, uno dei primi compagni di S. Francesco.
“I primi compagni di Santo Francesco con tutto isforzo s’ingegnavano d’essere poveri delle cose terrene e ricchi di virtù, per le quali si perviene alle vere ricchezze celestiali ed eterne. Addivenne un dì che, essendo eglino raccolti insieme a parlare di Dio, l’uno di loro disse quest’esempio: «E’ fu uno il quale era grande amico di Dio, e avea grande grazia di vita attiva e di vita contemplativa, e con questo avea sì eccessiva umilità ch’egli si riputava grandissimo peccatore; la quale umilità il santificava e confermava in grazia e facevalo continuamente crescere in virtù e doni di Dio, e mai non lo lasciava cadere in peccato». Udendo Frate Masseo così maravigliose cose della umiltà e conoscendo ch’ella era un tesoro di vita eterna, cominciò ad essere sì infiammato d’amore e di desiderio di questa virtù della umiltà, che in grande fervore levando la faccia in cielo, fece voto e proponimento fermissimo di non si rallegrare mai in questo mondo, insino a tanto che la detta virtù sentisse perfettamente nell’anima sua. E d’allora innanzi si stava quasi di continovo rinchiuso in cella, macerandosi con digiuni, vigilie, orazioni e pianti grandissimi dinanzi a Dio, per impetrare da lui questa virtù, sanza la quale egli si reputava degno dello inferno e della quale quello amico di Dio ch’egli avea udito, era così dotato. E standosi Frate Masseo per molti dì in questo disiderio, addivenne ch’un dì egli entrò nella selva, e in fervore di spirito andava per essa gittando lagrime, sospiri e voci, domandando con fervente desiderio a Dio questa virtù divina. E però che Iddio esaudisce volentieri le orazioni degli umili e contriti, istando così Frate Masseo, venne una voce dal cielo la quale il chiamò due volte: «Frate Masseo, Frate Masseo!». Ed egli conoscendo per ispirito che quella era voce di Cristo, sì rispuose: «Signore mio!». E Cristo a lui: «E che vuoi tu dare per avere questa grazia che tu domandi?». Risponde Frate Masseo: «Signore, voglio dare gli occhi del capo mio». E Cristo a lui: «E io voglio che tu abbi la grazia e anche gli occhi». E detto questo, la voce disparve; e Frate Masseo rimase pieno di tanta grazia della disiderata virtù della umiltà e dellume di Dio, che d’allora innanzi egli era sempre in giubilo; e spesse volte quand’egli orava, faceva sempre un giubilo informe e con suono a modo di colomba ottuso: “ U U U “ e con faccia lieta e cuore giocondo istava così in contemplazione. E con questo, essendo divenuto umilissimo, si riputava minore di tutti gli uomini del mondo. Domandato da Frate Iacopo da Fallerone, perché nel suo giubilo egli non mutava verso, rispuose con grande letizia che, quando in una cosa si trova ogni bene, non bisogna mutare verso.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.”
A valle del Comune si trovano i monumentali resti archeologici dell’antica città romana di Falerio, dove giunse il Beato Giovanni da Penna fanciullo, per ascoltare la predica di frate Filippo Longo da Assisi, da cui ebbe inizio il suo grande viaggio (I Fioretti, cap. 45).
A Falerone i frati Pellegrino da Falerone e Jacopo da Falerone, abitarono probabilmente nei primi tempi nel luogo di S. Maria delle Grazie o in quello di S. Maria degli Angeli lontano dal paese circa un miglio. Alla fine del ‘200 i frati si spostarono presso un colle vicino al paese dove si trovava una Chiesa dedicata a S. Fortunato dipendente dall’Abbazia di S. Pietro in Valle di Ferentillo. Nel 1287 iniziarono la costruzione del Convento dentro le mura del paese accanto alla Chiesa già esistente di S. Maria. La Chiesa venne riconsacrata nel 1352 in onore del patrono S. Fortunato, vescovo di Todi, popolarmente chiamata anche S. Francesco. La Chiesa venne rinnovata nel 1738 e il Convento negli anni 1783-1785. Dopo le soppressioni ottocentesche il Convento e la Chiesa passarono di proprietà al Comune; il Convento fu utilizzato per uffici comunali, caserma del Carabinieri, Cassa di Risparmio, Scuola Media e Museo archeologico. Il Convento possedeva una notevole biblioteca. Chiesa e Convento attendono urgenti lavori di restauro.
Le Monache Clarisse si stabilirono a Falerone nel 1683 provenienti dal Monastero di S. Vittoria in Matenano. Avevano ricevuto in dono fin dal 1610 una abitazione dal sig. Pietro Antonini e dal sig. Leone Bonazzi. Il nome del Monastero fu quello di S. Pietro e si trovava al centro del castello sulla pubblica via. Il 16 luglio 1809 le monache furono espulse dal Monastero a seguito della soppressione napoleonica che fu acquistato dal sig. Canaletti di Porto S. Giorgio che lo adibì a filanda e ad altri scopi. Le monache, pur avendo fatto tanti sforzi per riacquistare il Monastero, furono di nuovo espulse nel 1865 con la soppressione italica. Pur con grande fatica le monache, decise a rimanere a Falerone, acquistarono delle case private, e adatarono i locali a monastero e ad educandato delle ragazze, fino al 1931. Le monaahc e, riotte a poche, dovettero abbandonare il Monastero nei primi anni del 2000. Visse e morì nell’antico monastero S. Pietro di Falerone la Serva di Dio Sr. Maria Eletta Sani, morta a soli 33 anni, nel 1754. Ha lasciato una serie di lettere dove narra le sue grandi esperienze mistiche. Poco dopo la sua morte si era aperto il processo per la beatificazione, interrotto nel 1809 a causa delle soppressioni.