Dalle carte delle biblioteche di Assisi e di Fabriano recentemente sono stati ritrovati dei documenti di grande importanza che svelano alcuni particolari importanti e significativi delle relazioni tra Francesco e la terra al di là degli Appennini. Tutto cominciò, come sappiamo, attorno al 1208, quando egli ebbe i primi tre compagni e con frate Egidio si diresse verso questa regione al di là degli Appennini, rispetto alla sua Assisi. Uno di questi documenti parla di una familiarità, di un’amicizia, che si era formata sul campo di battaglia tra Assisi e Perugia, nel 1200: la sua città alleata con l’Imperatore, mentre l’altra legata al Papa.
Il grande storico e sindaco della città di Assisi, Arnaldo Fortini, nel suo famoso studio su S. Francesco d’Assisi (A. FORTINI, Nova Vita di S. Francesco d’Assisi, Milano, 1926, 73 e G. PAGNANI I viaggi di S. Francesco nelle Marche, Milano, 1962, 18), enumera un elenco di giovani originari di Fabriano, ritrovato nei fondi della Biblioteca di Assisi, e sono più di una quarantina. Tra questi nomi, alcuni appaiono di grande importanza per ricostruire una pagina antica di storia francescana fabrianese, come un tal Guelfolino da Fabriano, Fidesmido di Carsedonio, i fratelli Guiderto e Girardo e Todino, figli di Donna Maria, vedova di Alberico di Gentile.
E tra i signori fabrianesi che donarono il terreno ai frati di S. Francesco, nel 1234, soltanto 8 anni dopo la sua morte, figura anche un certo Giraldo di donna Maria, una signora che ritroviamo anche in altre cronache delle origini francescane della città di Fabriano. Questa donna ospitò Francesco nella sua casa, certamente per qualche particolare ragione di conoscenza e familiarità di qualcuno dei suoi figli, come ci narra la cronaca autobiografica del Beato Francesco Venimbeni da Fabriano, nato nel 1251 e divenuto frate minore nel 1268. Dunque, un intreccio provvidenziale e singolare di storia civile, militare e religiosa, tra due città accomunate da un legame ideale di lotte civili per la conquista della libertà comunale e poi, interessate dalla vicenda di un uomo di nome Francesco, che rimase per sempre legato non solo agli amici, ma anche a tutta la città e la sua storia.
C’è un altro personaggio che lega ancora la presenza di S. Francesco a Fabriano: ed è il Venerabile, così è stato sempre chiamato, Don Raniero, Pievano di Civita. Raniero, come ci racconta il Beato Francesco Venimbeni e le altre cronache citate, fu più volte confessore di S. Francesco: «L’anno del Signore 1268, quando io ero novizio – dice il Beato Francesco nella sua cronaca – morì Fra Raniero che fu pievano di Civita, dal quale S. Francesco si confessò più volte, quando era pievano. E al quale, ispirato da Dio, predisse: Tu sarai dei nostri. Fu un uomo santo e vero Frate Minore». Il pievano Raniero, monaco del Monastero di S. Vittore alle Chiuse, fu tra i promotori della donazione del terreno per costruire il primo conventino dei frati a Fabriano nella zona di Cantiro.
Fabriano fu la città dei prodigi dell’amicizia umana e spirituale tra quel giovane di Assisi, che aveva cambiato la sua veste di battaglia in abito da povero pellegrino e mendicante dell’amore di Dio, e dei giovani compagni d’armi, che gli rimasero per sempre amici e benefattori, ed un prete che ascoltò le sue confessioni e non poté resistere al fascino della sua gioiosa povertà.
Nella zona di Fabriano, dunque, Francesco fece il suo primo viaggio “missionario”, gioia del Vangelo e la forza prorompente di una nuova maniera di testimoniare la fede, insieme al compagno frate Egidio, quando i seguaci del “poverello” erano appena tre.
Nel 1210 Francesco d’Assisi ritornò per una seconda volta a Fabriano ed in questa circostanza visitò l’Eremo di S. Maria di Val di Sasso. Abbiamo la testimonianza preziosa della Cronaca del Beato Francesco Venimbeni da Fabriano, che accenna alla venuta di S. Francesco a Fabriano in modo indiretto, ma tale da togliere ogni dubbio: «Nel 1260, quando io ero novizio, morì fra Raniero, pievano di Civita, dal quale S. Francesco si è confessato più volte, quando era pievano, predicendogli che sarebbe stato dei nostri. È stato veramente un sant’uomo e un vero frate Minore»
Nel 1334 i frati di Fabriano richiedono al Legato della Marca l’eremo di Valdisasso (sul lato opposto della strada che scende dal valico di Fossato) «perché c’era stato S. Francesco, benché il luogo fosse posseduto dalle monache di S. Maria della Porta del Piano» (cfr. G. PAGNANI, Assisi, S. Francesco, le Marche, in F. PICCIOTTI [ed.], Con S. Francesco nelle Marche, Bergamo, 1982, 14-15).
Nella città di Fabriano, sempre secondo la testimonianza del beato Venimbeni, e confermata dal Wadding, S. Francesco prefigurò il primo luogo un Convento francescano in città, chiamato e situato nella Valpovera, nome che al Santo piacque assai per le reminiscenze con il suo stile di vita. Donna Maria, madre di Gilberto, Giraldo e Todino, divenne per Francesco punto di riferimento per il suo soggiorno a Fabriano. “
Nel 1266 ci fu il trasferimento dei frati da fuori a dentro le mura della città, presso Porta Cervara, ed è il luogo che era chiamato S. Francesco vecchio. Passarono pochi anni e il 22 maggio 1282, per interessamento di Francesco Venimbeni, con l’aiuto del Podestà Marzucco degli Scornigiani da Pisa, il nobile Torsello di Bonaccorso di Rambaldo, cedette a modico prezzo 50 tavole di terreno, consistenti in case, torre, spiazzi, chiostro, giardino e botteghe, per poter costruire il terzo Convento dei frati francescani a Fabriano. La prima pietra della Chiesa fu posta l’8 maggio 1291, ma la costruzione fu completata soltanto un secolo dopo, la prima domenica di luglio del 1398, anche se durante il secolo XIV essa fu usata per le celebrazioni: è la monumentale Chiesa S. Francesco, detta poi delle logge, oggi purtroppo quasi completamente rovinata dalle disavventure delle soppressioni ottocentesche.
In occasione, dunque, della seconda venuta di S. Francesco a Fabriano, egli ebbe modo di visitare l’Eremo di S. Maria Val di Sasso, oggi nei pressi di Valleremita, che da quell’eremo ha preso il nome. Questo antico fortilizio dell’VIII secolo appartenuto al nobile Signore Sasso di Fabriano, che ha dato il nome alla Valle, donato dallo stesso e divenuto poi monastero di monache benedettine (secc. IX-XII), è collocato in luogo particolarmente meraviglioso per la natura che lo circonda e lo abbraccia, ricco di acqua e di vegetazione, di pace e di silenzio e divenne tanto caro non solo a S. Francesco, ma pure ai suoi figli e seguaci.
Della venuta di S. Francesco in questo luogo, ci parla uno degli storici dell’Ordine Francescano più significativi, Luca Wadding, un irlandese del XVII secolo, che riferisce un episodio che ha lasciato il segno da quelle parti: “Avendo sentito parlare che, a quattro miglia dalla città di Fabriano, alle radici dei monti Appennini, nella Valle di Sasso, tra le alture dei colli, lontano dalla folla e in luogo solitario vi era una Chiesa consacrata alla Beata Vergine Maria e accanto un Monastero lasciato dalle Monache di S. Benedetto, che a causa della guerra erano entrate dentro la città di Fabriano già da alcuni anni; sia per la grandissima devozione che aveva verso la Vergine Maria sia per l’incredibile amore per la solitudine, volle visitarlo per giudicare che se fosse stato adatto all’abitazione, lui lo potesse ottenere per i suoi frati, affinché non rimanesse un luogo senza il culto della Beata Vergine e perché in quel pio e solitario luogo i Religiosi potessero più comodamente dedicarsi alla meditazione delle cose celesti”.
Così, il Santo di Assisi con il compagno frate Egidio, desiderando visitare l’eremo di Val di Sasso, ma non conoscendo la strada, resa difficile dai vari sentieri che la caratterizzavano, quando si trovò all’inizio delle varie valli che portavano verso quella dell’Eremo, vicino al luogo in cui sorgeva il castello di Camporese, appena lasciata l’attuale strada statale che da Fabriano conduce verso Fossato di Vico, si imbatté in un contadino che stava arando il proprio campo e dovette chiedergli aiuto per raggiungere la meta. “Mentre S. Francesco si recava all’Eremita con un compagno e senz’altra guida ed entrambi erravano qua e là ignari della via, l’uomo santo chiese a un contadino, il quale stava arando un suo campo, che li accompagnasse guidandoli fino alla meta. Quegli adirato rispose: “Che? Io lascerò per voi l’aratro e consumerò nell’obbedire a voi il tempo che debbo occupare nella coltivazione? Ma il Santo Padre con carezzevole e pio discorso piegò quell’uomo promettendogli con la maggiore certezza possibile che non avrebbe speso alcun’ora invano e non avrebbe sofferto alcun danno per l’interruzione del lavoro agricolo. Guidati, dunque, i pii pellegrini al sito e ricevutane la benedizione, tornando al campo che nel partire aveva lasciato incolto, lo trovò già arato per intero” (L. WADDING, Annales Minorum, 1, 257; cfr. R. SASSI, Per una tradizione francescana di Fabriano, 5). Questo campo si chiama Camporegio, o Camporese, o Camporege e vicino ad esso si trova la chiesetta del XII secolo – si ha una pergamena che parla di essa proprio del 1215 - consacrata solennemente nel 1287, in onore della SS. Trinità, S. Leonardo, S. Luca e S. Maria Maddalena. Dopo un periodo di abbandono, nel 1927, essa fu poi di nuovo consacrata e dedicata a S. Francesco.
Così Francesco ed Egidio raggiunsero la meta dell’Eremo, salendo lungo il sentiero che nel tempo e ancora oggi si chiama di S. Francesco, a ricordo di quel tanto importante visitatore. Continua il Wadding: “Rimase, il Santo Padre in quel luogo per alcuni giorni, sommamente soddisfatto, procurandosi il cibo dalle abitazioni sparse per i monti, esplorando luoghi vicini dai quali i frati che avessero in futuro abitato quel luogo potessero procurarsi più facilmente il cibo. Inoltre, avendo disposto con prudenza tutte le cose e ottenuto il Monastero dalla nobile famiglia dei Sassi, procurò di collocarvi dei religiosi del suo istituto e volle che fosse chiamato Eremo di Santa Maria di Valle Saxea, vuoi per la moltitudine di sassi del monte vicino, vuoi per la valle e la zona così nominata del suddetto Signore della famiglia Sassi” (L. WADDING, Annales Minorum, 1, 257).
L’eremo, come istituzione di vita religiosa, costituisce nella vita e nella spiritualità di San Francesco e del suo Ordine un punto di riferimento essenziale, un luogo insostituibile per comprendere in pienezza il mistero dell’amore, il carisma della vocazione, la pienezza della missione.
L’eremo di S. Maria di Val di Sasso, rimase nella storia dei Frati Minori delle Marche uno dei luoghi più significativi e più cari all’Ordine e alla Provincia. Durante il ‘200 e ‘300 i frati vi abitarono non stabilmente e regolarmente, dislocandovi e provenendo dal locale Convento S. Francesco di Fabriano, finché nel 1405, Chiavello Chiavelli, signore di Fabriano, acquistò il Monastero e il bosco circostante, costruì il nuovo Convento che donò ai frati francescani e commissionò il famoso e meraviglioso Polittico di Gentile da Fabriano, denominato Polittico di Valle Romita, raffigurante l’Incoronazione della Vergine, con la Trinità e con i Santi Girolamo, Francesco, Domenico e Maria Maddalena. In basso; nelle formelle superiori, abbiamo: Giovanni Battista, Pietro da Verona, Antonio di Padova e Francesco che riceve le stimmate. Al centro nella cuspide superiore la crocifissione con la Madonna e S. Giovanni. L’originale si trova nella Pinacoteca Brera di Milano, mentre attualmente nella chiesetta dell’Eremo si trova una bellissima copia. Lo stesso Raffaello Sanzio, volle salire all’Eremo per ammirare la bellezza di questo capolavoro dell’arte italiana.
Fu per opera del grande frate Beato Francesco o Cecco della Libera da Fabriano, che alla fine del ‘300 aveva aderito alla riforma iniziata dal Beato Paoluccio da Trinci nell’Eremo di Brogliano, che l’Eremo ritrovò la sua vitalità, la sua importanza e la sua più caratteristica fisionomia. Questo frate, compagno di Paoluccio, aiutato dal beato Antonio Puro, fu il primo Vicario dell’Osservanza nelle Marche e fece di quest’Eremo la prima sede della Vicaria marchigiana, il suo punto di riferimento e di diffusione. In questo santo luogo abitarono S. Bernardino da Siena, S. Giacomo della Marca, S. Giovanni da Capestrano, il Beato Marco da Montegallo e tanti altri santi frati che lo resero tra i più importanti e ricchi di preghiera e di santità del mondo francescano. Nel 1660 il Padre Guardiano Angelo Maria Righi da Fabriano, aumentò i locali, aggiungendo due lati antistanti e laterali alla chiesetta, fino a raggiungere 40 stanze. Nel 1810 i frati lo dovettero lasciare della soppressione napoleonica. Vi ritornarono nel 1816. Ma, purtroppo, di nuovo dovettero forzatamente e dolorosamente abbandonarlo nel 1865, a causa della soppressione italiana. Quella reggia così splendente e luminosa di santità, quel luogo così ammirevole di silenzio, di pace e di spiritualità, dovette subire i danni dell’abbandono e dell’incuria dei tempi.
A partire dal 1938, gradatamente, anno dopo anno cadde in rovina: abitato dai pastori e dai carbonai del luogo, perdette a poco a poco la sua maestosità e la sua superba bellezza. Divenne sempre più umile e povero. Fino a quando nel 1965 era ormai praticamente ridotto in macerie, salvo una parte della chiesetta e un lato del Convento ad essa antistante. Nel 1966 il povero e silenzioso Eremo ritornò a cantare ed è stato di nuovo restituito al sorriso dei figli di Francesco e allle preghiere, alla musica, alle lacrime ea i desideri del cielo, e all’amore per la gente. Da allora, l’Eremo di Santa Maria di Valdisasso è tornato ad ospitare una piccola comunità che ha permesso a quelle mura di ritrovare la loro originaria destinazione. Attualmente l’Eremo, di proprietà della Regione Marche, è stato totalmente restaurato, ricostruito proprio dalle mura e con le dimensioni e le caratteristiche originarie: è stato riaperto nel 2015, con la possibilità di avere ambienti oltre che destinati alla comunità dei frati, anche per la foresteria ed attività culturali. La presenza di S. Francesco a Fabriano ha impresso un impulso ed una vitalità che si sono diffusi nei secoli successivi attraverso figure, luoghi e istituzioni molto significative.
Dopo la costruzione dei primi tre Conventi successivi a Fabriano, ossia Cantiro (1234), del quale abbiamo ricordato le origini; San Francesco vecchio a Porta Cervara (1266), abitato per poco tempo e andato distrutto, ed infine San Francesco a Val Povera (1291), oggi San Francesco delle Logge, la presenza delle realtà legate al Santo di Assisi, ha avuto altre profonde e radicate espressioni nella città della carta e della filigrana.
Nel Convento di San Francesco, voluto dal Beato Francesco Venimbeni, si realizzò una delle più belle Chiese francescane della Regione, lunga 56 metri, a tre navate, senza transetto, con abside poligonale e presbiterio rialzato. La Chiesa fu danneggiata dal terremoto nel 1741, fu ristrutturata tra il 1781 e il 1788; subì le soppressioni napoleonica (1810) e italiana (1860- ‘65), venne in parte demolita nel 1864. In essa si custodivano opere d’arte di grande valore, come cinque opere di Carlo Crivelli, tra cui la Pala dell’Incoronazione della Vergine, attualmente alla Pinacoteca Brera di Milano, e della Madonna in Trono con Bambino, oggi alla National Gallery di Londra; inoltre si conservava un’altra Incoronazione della Vergine di Antonio da Fabriano, oggi a Vienna. Il Convento, solo in piccola parte conservato, aveva chiostro e orti. Il loggiato fu realizzato nel XV secolo, ingrandito nel 1636 e ristrutturato alla fine del XVIII secolo: costituisce la più notevole attuale vestigia dell’antico glorioso Convento.
La costruzione della Chiesa e del Convento dell’Eremita novella o S. Maria delle Grazie o della SS. Annunziata, fu iniziata dai frati dell’Osservanza nel 1491, come sede vicina alla città per la loro famiglia religiosa. Nella Chiesa si conservavano varie opere d’arte, tra cui le più notevoli di Filippo Bellini, la maggior parte disperse. A seguito della soppressione napoleonica fu abbandonato. In gran parte demolito nel 1820’23, fu acquistato e adibito a casa privata nel 1905. Rimangono soltanto degli archi, delle lunette affrescate a ricordo dell’antica fisionomia. Cacciati dall’Annunziata e dall’Eremo di Val di Sasso, i francescani accettarono la Chiesa e il Convento degli olivetani di S. Caterina, dove ancora vivono, accanto all’attuale Casa di Riposo, che dai tempi della soppressione italiana ha acquisito gran parte dell’antico Convento e il chiostro, uno dei primitivi eremi da essi abitati e dove vennero redatte le prime Costituzioni dell’Ordine dette appunto di Albacina (1539). Nei pressi della città di Fabriano essi ebbero tre diversi Conventi: da S. Maria del popolo, fondato nel 1538, passarono a Pretara, ossia Monte Calvario, sulla strada verso Collepaganello, ed infine, a La Tomba, con la Chiesa e il Convento S. Giuseppe, inglobato nell’attuale Istituto Agrario. Quanto alle Clarisse c’è da ricordare che, oltre l’antico Monastero di S. Girolamo, poi S. Onofrio, esse si insediarono dapprima nel Monastero S. Chiara, poi S. Bartolomeo, vicino a Porta Cervara, poi adibito a Carcere, quindi si trasferirono nell’antico Monastero Camaldolese di S. Damiano, poi S. Romualdo, dove si trovavano fino a pochi anni or sono, con l’antico nome di S. Bartolomeo.
Tra le istituzioni francescane più significative è, infine da ricordare il Monte di Pietà, istituito nel 1470, dal Beato Marco da Montegallo, Guardiano del Convento di Val di Sasso. San Francesco, in quell’anno 1210, proseguendo il suo viaggio di araldo del Vangelo, si inoltrò nella valle dell’Esino, e visitò poi il luogo di Favete o Faete, nei pressi di Apiro, dove si conserva tutt’oggi una chiesetta a lui dedicata. Quindi proseguì per Staffolo, in provincia di Ancona, dove fece scaturire una fonte di acqua prodigiosa (oggi Fonte di S. Francesco).
Attorno alla valle tracciata dal fiume Esino, si ergono diverse città o piccoli paesi, che raccontano una bella, gloriosa e lunga storia francescana.