4° itinerario

GROTTAMMARE

Itinerario principale

Grottammare (AP), Convento S. Maria dei Monti (Foto FC). Grottammare (AP), Convento S. Maria dei Monti (Foto FC).
Grottammare (AP), Jacopo Pacchiarotti da Siena (1474-1540), affresco di S. Maria dei Monti, XV sec (Foto FC). Grottammare (AP), Jacopo Pacchiarotti da Siena (1474-1540), affresco di S. Maria dei Monti, XV sec (Foto FC).

L’itinerario che ci porta a visitare e conoscere i Conventi francescani della zona di Ascoli Piceno, ci conduce a Grottammare, sede di un solo Convento francescano, ma di particolare bellezza e posizione, di elegante struttura architettonica e di attestazione costante di legame spirituale tra la gente di questa città ed i Frati Minori, che all’inizio del ‘600 ebbero in sorte di iniziare la loro presenza stabile in questa città, famosa per aver dato i natali al Papa francescano Sisto V, ossia Padre Felice Peretti (1521-1590), ma che, fino a pochi anni dopo la sua morte, non aveva avuto alcuna presenza francescana dentro il suo territorio. Per erigere il nuovo Convento e la Chiesa si scelse un fondo, ove era una chiesetta intitolata “La Madonna dei Monti”, con l’intento di trasformare la chiesetta in una chiesa adatta alle esigenze del futuro Convento. Pertanto il 14 Luglio 1614 il P. Nicolò da Monteprandone e il P. Pacifico da Ripatransone, delegati dalle Autorità della Provincia, presero possesso del fondo alla presenza del Vicario Generale del Vescovo Diocesano e dei rappresentanti del paese, e, secondo l’uso, sul sito fu inalberata la croce”. Subite le soppressioni ottocentesche, il Convento fu riacquistato nel 1935, proprio ad opera del Padre Ferdinando Parri, Ministro Provinciale. Oggi, colpito, dal sisma del 2016, è in totale restauro e ricostruzione.

La nuova e più ampia chiesa fu edificata contemporaneamente al Convento, nel 1614: fu modificata nella metà del settecento nelle parti rimaste dopo un incendio, a loro volta modificate negli anni ‘50-‘60 del secolo scorso, soffittata a volta a metà dell’’800, essa è munita di varie opere d’arte.

Dalla Relazione manoscritta La Provincia riformata delle Marche nel 1837, ricaviamo: “Nell’alto del Coro in mezzo entro apposita nicchia ornata all’esterno da quattro Geni di stucco, non che da cornice dorata stà nel muro dipinta con in braccio il Figlio Divino la Immagine di Maria, cui è sacra la Chiesa; è questo altare primo. Nel primo altare laterale alla parte del Vangelo [ossia per chi guarda a sinistra] detto di S. Nicolò de Bari, eretto a spese di naviganti, evvi la figura del detto Santo unitamente a quelle di S. Antonio di Padova, S. Pietro d’Alcantara, e S. Pasquale Baylon [e questa tela oggi non è rintracciabile].” (La Provincia Riformata delle Marche nel 1837. 15. Grotte a Mare – Li Monti, in Picenum Seraphicum, 3(1917) 416-417). Andando ad oggi, troviamo innanzitutto l’ovale con l’antico affresco centrale all’abside, ovvero la Madonna con il Bambino o S. Maria dei Monti, titolare della Chiesa e del Convento, attribuito a Jacopo Pacchiarotti da Siena (1474-1540), allievo del Perugino: affresco già esistente, secondo la Cronaca del 1837, nella chiesetta che sussisteva quando nel 1614 i frati costruirono la nuova chiesa. Attorno all’ovale con l’affresco della Beata Vergine Maria si trovano in stucco 4 angioletti, più due sopra la lunetta superiore. I due angioletti che si trovano nella parte superiore dell’ovale reggono un cartiglio con la scritta Divae Mariae Montium.

Sul primo altare di destra, partendo dall’ingresso, vi è una tela i cui santi vengono identificati con S. Antonio Abate (in un’iconografia in parte tradizionale, con libro dei Vangeli e fuoco, in parte particolare, vestito da Vescovo con piviale e pastorale), S. Giacomo della Marca di Monteprandone, S. Bonaventura da Bagnoregio, S. Diego d’Alcalà: l’opera, del 1780, di Nicola Antonio Monti (1736- 1795), il più importante pittore ascolano del settecento (cfr. Carolina Ciociola, Nicola Monti 1736-1795, Fas Editore, Ascoli Piceno, 2014, 80). L’opera è firmata con la scritta: NICOLA MONTI DI ASCOLI / INV. ET PIN. ANNO DO. 1780. Sopra la tela, in una cornice a stucco vi è la scritta Agricola expectat praetiosum fructum Iacob: Cap: V: vv: VII:, ossia la citazione della Lettera di Giacomo 5,7, dato che l’altare ed il quadro erano stati eretti da una Congregazione di contadini (cfr. La Provincia riformata delle Marche nel 1837, 15. - Grotte a Mare – Li Monti, in Picenum Seraphicum 3(1917) 414-424, qui 417). L’opera è stata restaurata nel 1997.

In una nicchia, tra i due altari, si può ammirare la Madonna della Pace (1979), scultura lignea realizzata da Francesco Santori, scultore locale, autore anche del nuovo altare maggiore ligneo (1983), con le quattro colonne dei piedi rappresentanti i simboli dei quattro evangelisti. L’antico altare originario, chiuso verso il coro, poi distrutto e ricostruito in stile romano, ossia aperto verso il coro, fu abbattuto dai frati e sostituito da un altro in marmo il 12 giugno 1964, che a sua volta fu sostituito nel 1983 con l’attuale.

In alto, sempre tra i due altari laterali di sinistra per chi entra dalla porta principale, vi è un quadro di notevole pregio rappresentante S. Francesco, attribuito alla scuola del Guercino da Cento (1591-1666). Proseguendo nel lato destro si trova un altro altare con una tela raffigurante la Madonna del Suffragio con San Nicola da Tolentino che intercede per la liberazione delle anime del purgatorio, del pittore fermano Alessandro Ricci (1750-1829), proveniente dalla chiesa S. Pio V di Grottammare, nell’altare di S. Nicola da Tolentino, retto dalla famiglia Ravenna (secondo l’attestazione che ne fa il Vescovo Filippo Monacelli, nella Visita pastorale del 3-12 maggio 1827 e la scritta collocata ai piedi della tela: “ALEXANDER RICCI PINXIT FIRMI 1807 / PIETATE DD. FRATRUM JOSEPHI ET FRANCISCI RAVENNA” (cfr. S. Papetti-M. Papetti (a cura di), Filippo e Alessandro Ricci. Pittori nella Marca del Settecento, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, Fermo, 2009, 109-110). La tela è stata trasferita nel Convento di S. Maria dei Monti a metà del ‘900 e collocata in questo altare nel 1998 circa. La tela non era certamente di questo altare, dato che la cornice in stucco non corrisponde alla cornice del quadro. Sopra il quadro si trova la scritta Et macula originalis non est in te, segno che in questo altare, come in tutte le chiese francescane, si trovava una tela o una statua dell’Immacolata Concezione.

Proseguendo e voltandoci sul lato sinistro della chiesa, troviamo la pala di Nicola Monti con la Madonna con il Bambino e S. Anna, S. Francesco d’Assisi, S. Chiara di Assisi (confondatrice delle Clarisse), S. Luigi IX di Francia (Patrono del Terz’Ordine Francescano, ovvero l’Ordine Francescano Secolare), databile al 1780 e sempre del pittore ascolano del settecento Nicola Monti. Sopra la tela vi è la scritta Seraphico Francischo Ord. Min. Fundatori Fratres et Sorores eiusdem Ordinis DOM. Le descrizioni antiche invece che S. Chiara, dicono che la santa ivi rappresentata sia S. Elisabetta d’Ungheria, ma le caratteristiche dell’iconografia la fanno essere piuttosto S. Chiara, essendo confondatrice del II Ordine, ovvero delle Sorelle Povere di S. Chiara o Clarisse. Non si comprende altrimenti perché S. Ludovico che era un re viene vestito con abiti regali, mentre Elisabetta, che era una regina, viene invece vestita con abiti da monaca clarissa. Inoltre nella dedica dell’altare e della tela si dice che esso è dedicato a S. Francesco dai “Fratres et Sorores eiusdem Ordinis”, ossia dai Fratelli e dalle Sorelle del suo Ordine; ora, per “Ordine” si deve intendere tutti i tre Ordini, in tal modo anche le Clarisse, ossia il II Ordine, viene rappresentato.

Questo altare in antico aveva un’altra tela di Nicola Monti ed un’altra dedicazione; secondo la testimonianza della Relazione sul Convento di Grottammare del 1837 si dice che “Nel primo altare laterale alla parte del Vangelo dettosi San Nicolò di Bari, eretto a spese dei naviganti, evvi la figura dello stesso santo unitamente a quelle di S. Antonio di Padova, S. Pietro d’Alcantara e S. Pasquale BaylonLa Provincia riformata delle Marche nel 1837, in Picenum Seraphicum 3(1917) 15. - Grotte a Mare – Li Monti, 414-415). La tela è oggi dispersa e allo stato attuale non se ne conosce la ubicazione.

Subito dopo l’altare, in alto, è collocata un’opera raffigurante una Pietà, presumibilmente una copia da stampa del Compianto sul Cristo Morto di Antoon Van Dyck. Sotto al quadro del Compianto la lapide della sepoltura del Padre Ferdinando Parri, tanto benemerito, come abbiamo visto, per il riacquisto del Convento nel 1937, qui deposto nel 1987.

Proseguendo verso il fondo della chiesa, vi è il secondo altare, in cui dentro una nicchia è collocato un prezioso Crocifisso, prima degli ultimi cambiamenti troneggiante al centro dell’altare maggiore, come si può vedere dalle foto storiche. Sopra la nicchia con il crocifisso la scritta Qui factus est nobis sapientia a Deo et iustitia et sanctificatio et redemptio: Corinth: cap: I: vv: 30:, ossia 1 Corinti 1,30.

Nel lato sinistro del presbiterio, in una nicchia appoggiata fino al pavimento, si trova la tomba della Serva di Dio Lavinia Sernardi, nata a Grottammare il 2 giugno 1588 e morta in concetto di santità all’età di 35 anni nella notte tra il 14 e 15 settembre 1623 e sopra di essa un quadro che la raffigura.

Nel lato destro del presbiterio, in una nicchia ad altezza d’uomo, si trovano le reliquie di S. Aureliano, martire romano.

Lungo le pareti della navata si trovano le Stazioni della Via Crucis, opera dello scultore locale Ubaldo Ferretti (1954-2010). Dello stesso autore sono pure le lastre delle lunette del chiostro in cemento decorato in bronzo, che rappresentano episodi della vita di S. Francesco, quelle del refettorio con i soggetti del Cantico di frate sole e le grandi tavole o lastre sotto le arcate del portico addossate alla parete esterna dell’abside della chiesa con i misteri fondamentali della vita di Cristo, del 1985.

Nel chiostro, edificato insieme alla chiesa, nel 1614, vi erano gli affreschi delle nicchie, realizzati dal Frate Minore Osservante fr. Lorenzo Bonomi da Ripatransone (1603-1666), con episodi della vita di S. Francesco. Il Bonomi aveva lasciato scritto in una lunetta la sua firma: Fra Laurentius Bonom Ripanus pinx 1645 (cfr. A. RICCI, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, vol. 2, Macerata, 1834, 289 e 300 nota 10). Lacerti di affreschi appaiono anche nel refettorio: è probabile che nelle due pareti di fondo, com’è usanza, vi fossero delle scene evangeliche. Non si capisce il motivo per cui questi affreschi siano stati coperti dai nuovi lastroni, probabilmente, pensiamo e ci auguriamo, perché erano tanto malridotti. Nel corso dei lavori di restauro del chiostro e di tutto il Convento, nel 2022, è riapparso un lacerto di una crocifissione dentro una nicchia, unica testimonianza di questo pittore, che, da come si vede non sembra assolutamente di mediocre valore.

Nel 1981 il chiostro e il porticato furono chiusi con finestroni in vetro.

Nel 1982 furono sabbiate le volte e le colonne del porticato.

La chiesa era munita di un organo, da come è evidente dalla cantoria oggi vuota, e privata dell’oggetto più importante di essa, della chiesa, realizzato dal famoso organaro veneto i Gaetano Callido (Este 1727-Venezia 1813), discepolo del famoso Pietro Nacchini di Bulić, in Croazia, nella Diocesi di Scardona, ex frate minore osservante, con il nome di fr. Paolo di Sebenico, sacerdote. Il Callido costruì l’organo nel 1784 (cfr. G. SPAZIANI, Gli organi antichi di Grottammare, Stamperia dell’arancio, Grottammare, 1997, 51-59), numerato come “op. 206 del catalogo «206. Grotte a Mare P: Reformati» (Ibidem 57), spostato, insieme ai confessionali, nella chiesa di S. Pio V dopo il 1864, a seguito delle soppressioni degli ordini religiosi.

Questa la grande ricchezza storica e artistica del Convento S. Maria dei Monti di Grottammare, che attende la conclusione dei lavori di restauro per essere restituito di nuovo magnifico e splendido nella sua semplicità al culto, alla devozione, alla vita dei frati e alla preghiera della gente profondamente ad esso legata.

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