Cominciamo da Senigallia, città dalle origini romane, Sena Gallica, legata alla Pentapoli ravennate, assai florida e vivace grazie soprattutto alle opere e imprese di Sigismondo Malatesta e Giovanni Della Rovere.
Il primitivo Convento francescano, dedicato a S. Francesco, fu edificato nei primi tempi dell’Ordine, dato che nel 1235 vi morì il beato Ardizio, Ministro Provinciale. Una seconda sede
in città fu quella di S. Maria Maddalena, nel 1489, la Chiesa, dei Canonici, donata dal Vescovo della Diocesi, Frate Marco Vigerio Della Rovere, parente di Sisto IV. Il Convento crebbe nei secoli, ma dopo le soppressioni napoleoniche fu destinato ad Ospedale. I Frati Conventuali ebbero successivamente l’uso della Chiesa di S. Filippo ed il Convento dei Filippini, fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale.
Il Convento di S. Maria delle Grazie si trova nel colle in cui dall’800 è stato costruito il Cimitero e domina la città e i dintorni. La Chiesa ed il Convento furono voluti da Giovanni della Rovere e da sua moglie Giovanna di Montefeltro, figlia di Federico III Duca d’Urbino, nel 1491, su disegno dell’Architetto Baccio Pontelli di Urbino, che ha realizzato anche la famosa Rocca Roveresca. A questa Chiesa si devono assegnare sia la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, oggi nella Pinacoteca nazionale di Urbino, sia la Pala di Senigallia del Perugino, una copia simile a quella della Chiesa di S. Maria Nuova di Fano. Il Convento è oggi sede del Museo di storia della Mezzadria, dal basso medioevo agli anni 60 del ‘900.
I Frati Cappuccini ebbero essi pure il Convento a Senigallia: il primo fu edificato nel 1560, essendo la Chiesa dedicata a Santa Cristina; il secondo edificato nel 1652 dedicato a S. Antonio di Padova: è inglobato nell’attuale ospedale (R. R. LUPI, I Cappuccini della Marca, Vol. I, Andrea Rosini, Ancona, 2007, 1139-1141).
Vi era a Senigallia, fin dai tempi antichi, anche un Monastero di Monache Clarisse, quello di S. Michele di Penna, vicino al luogo in cui era il primitivo Convento francescano di S. Francesco, ossia nel colle della Penna. Un altro Monastero di Monache Cappuccine era a Scapezzano, detto del Suffragio, fondato nel 1723 e soppresso nel 1810.
Da Senigallia ci portiamo a Fano, città romana, sviluppatasi attorno alla dea della fortuna “Fanum Fortunae”, termine della via Flaminia. Parte della Pentapoli nel V secolo, e sotto il governo dei Malatesta dal 1357 al 1463, Fano è uno dei centri può vivaci e attivi della Regione. La presenza francescana è attestata dapprima dalla testimonianza di due miracoli di S. Francesco avvenuti a Fano e dalla primitiva presenza a S. Maria del Ponte Metauro, ovviamente fuori le mura. Un altro Convento fu edificato dentro le mura cittadine e il famoso storico francescano Salimbene da Parma dice di avervi dimorato come novizio e come studente di teologia. Un terzo luogo fu quello di S. Maria, poi S. Francesco, in cui è passato S. Bonaventura. Fu ricostruito dalle fondamenta nel 1773-1776 dal Provinciale Padre Giuseppe Fortis. Fu perso con la seconda soppressione ottocentesca ed oggi il Convento è la sede del Comune, mentre la chiesa è in condizioni pietose, essendo caduto il tetto ed usata come teatro all’aperto. I Frati Minori dell’Osservanza, dopo aver abitato ancora a S. Maria al Ponte Metauro e a S. Lazzaro, costruirono la Chiesa ed il Convento di S. Maria Nuova su un’antica Chiesa di S. Salvatore nel 1518. Mentre attualmente il Convento è sede di scuola elementare, la Chiesa è una vera e propria pinacoteca, conservando al suo interno, negli altari laterali, due opere del Perugino ed una del padre di Raffaello, Giovanni Santi. Vi è anche una predella, del giovane Raffaello, che fa da cornice ad una Pala del Perugino (cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia lauretana delle Marche, Vol 3, Sassoferrato, 1941, 139-188). I Frati Cappuccini ebbero a Fano il loro antico Convento. Dapprima, nel 1530, abitarono in un eremo, in località Magliano. Poi ne costruirono uno a Rosciano nel 1567; di seguito un altro dentro le mura cittadina, S. Cristina, nel 1591. Nel 1880 un altro Convento nella via Flaminia, inglobato nel 1922 nel Seminario regionale, dove rimane ancora la Chiesa con la sua struttura caratteristica. Avendo richiesto il oro Convento e chiesa per il Seminario, ad essi fu data la chiesa di S. Paterniano, patrono della città (R. R. LUPI, I Cappuccini della Marca, Vol. I, Andrea Rosini, Ancona, 2007, 1067-1069). Quanto alle Clarisse, si deve menzionare il Monastero antico dei SS. Filippo e Giacomo in via S. Bartolo, demolito nel 1400. Nel 1445 si diede opera alla costruzione del nuovo Monastero dentro le mura della città, con il nome di Domus Dei, poi di S. Chiara. Sopravvissero alle soppressioni ottocentesche, ma nel 1889 furono inviate al Monastero di Jesi e il Monastero abbattuto (cfr. G. PARISCIANI, S. Chiara e le Marche, Urbino, 1995, 70).
Giungiamo a Pesaro, dove i frati francescani ebbero il loro primo sito nel luogo della Badia di S. Pietro, presso porta fanese. Questo Convento fu demolito a motivo di difesa della città negli anni 70 del ‘200. Ne fu costruito un altro nel quartiere S. Terenzio, nel 1272, ad opera dei Signori Malatesta: era l’antica Chiesa San Francesco, oggi Santa Maria delle Grazie, dove vissero, pregarono ed operarono la Beata Michelina Metelli (1356) ed il Beato Cecco Zanferdini (1350). Fu data ai Servi di Maria nel 1922.
I frati dell’Osservanza ebbero un primo Convento fuori le mura, in una zona detta Collina; entrarono dentro la città con un primo Convento nel 1454, con la Chiesa dedicata a S. Eracliano, sotto la protezione degli Sforza. Nel 1537, i Duchi di Urbino, nuovi Signori della città, decisero di cingerla di nuove mura e deliberarono di edificare per i frati francescani un nuovo Convento e chiesa. Sia Francesco Maria I, sia Guidobaldo II e la moglie Elisabetta Varani, si impegnarono alla costruzione, affidandola all’Architetto Girolamo Genga. Quanto ai Frati Cappuccini essi ebbero a Pesaro il loro primo Convento nel 1559 in zona Sorìa; il secondo, nel 1575, in zona S. Bartolo, dedicato a S. Bernardino da Siena; il terzo, in città presso porta Collina, 1656; il quarto, l’attuale, nel 1886, dedicato all’Immacolata Concezione (R. R. LUPI, I Cappuccini della Marca, Vol. I, Andrea Rosini, Ancona, 2007, 1113- 1116).
Proseguendo nell’entroterra giungiamo a Mombaroccio, piccolo ma grazioso comune, dove prospiciente e sovrastante alla sede del centro storico, si erge una collina, di S. Maria di Scotaneto, dove è stato edificato il primo Convento francescano, secondo la tradizione, nel 1223. Oggi il nome più conosciuto è quello del Beato Sante, data la presenza e l’opera meravigliosa di questo
umile frate vissuto tra il 1343 ed il 1394, ed oggi assai venerato dalla popolazione delle tre Diocesi di Pesaro, Urbino e Fano. La Chiesa trecentesca, conserva una splendida Croce dipinta del Maestro di Belpuig dell’inizio del Trecento ed altre opere, giacenti sia nella chiesa che nel museo.
Cartoceto aveva anch’esso un Convento francescano, oggi sede del Cimitero, denominato La Pieve, fondato nel 1620 (cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia lauretana delle Marche, Vol 2, Sassoferrato, 1939, 331-346). Saltara vanta una sede assai antica della presenza francescana, addirittura risalente ad un passaggio di San Francesco. Il Convento e la Chiesa, oggi di recente restaurati, sono denominati S. Francesco in Rovereto. Ampliato dai Malatesta nel ‘400, fu ricostruito nel ‘700.
Saltara vanta una sede assai antica della presenza francescana, addirittura risalente ad un passaggio di San Francesco. Il Convento e la Chiesa, oggi di recente restaurati, sono denominati S. Francesco in Rovereto. Ampliato dai Malatesta nel ‘400, fu ricostruito nel ‘700.
Proseguendo per Fossombrone si giunge ad una città che ha dato vita ad una presenza francescana assai ricca e varia nelle sue espressioni. Il primo Convento francescano, sotto la Cittadella, risale ai primi decenni dell’Ordine. Il secondo luogo fu quello di S. Giorgio, poi S. Francesco, iniziato nel 1392 e avuto fino al 1794, rovinato a causa del terremoto. Se ne costruì uno nuovo sulla via Flaminia, a partire dal 1800 e abitato dai Frati Minori Conventuali fino agli anni 80 del ‘900. I Frati dell’Osservanza ebbero il loro Convento dell’Annunziata, grazie agli auspici del Duca di Montefeltro Francesco Maria II nel 1462. La Chiesa fu ricostruita nella dimensione che ancora oggi possiede nel 1705, dall’Arch. Michele Perugini da Gubbio. All’inizio del 1500, alle origini della riforma dei Frati Cappuccini fu dimora sia di Padre Matteo da Bascio, sia dei fratelli Ludovico e Raffaele Tenaglia. Nel 1626 dai frati dell’Osservanza passò a quelli della Riforma. San Pacifico Divini vi studiò la teologia e vi fu ordinato sacerdote nel 1678. Perduto dai frati alla fine dell’800, il Convento e la Chiesa sono oggi in uno stato pietoso e nella zona dell’orto vi è sorto il cimitero. I Frati Cappuccini hanno a Fossombrone, fin dal 1529, il bellissimo luogo e Convento, di S. Giovanni Battista, meglio noto col nome del Beato Benedetto Passionei di Urbino, ivi volato al cielo nel 1625.
La Clarisse ebbero anch’esse a Fossombrone il loro Monastero, voluto e fondato dalla Duchessa di Urbino Elisabetta Gonzaga nel 1500, moglie di Guidobaldo di Montefeltro. Il Monastero si estinse alla fine del ‘800.
Da Fossombrone l’itinerario potrebbe prendere due direzioni: o andare verso Cagli e Pergola e poi ritornare verso Urbino oppure proseguire direttamente verso Urbino, la capitale del Montefeltro. Sia a Cagli come a Pergola, infatti, la presenza francescana, come nelle altre città menzionate, è assai significativa e molteplice. Proseguendo per Cagli e Pergola si raggiungono due importanti centri urbani e religiosi, antiche sedi di Diocesi.
La città di Cagli, sede di antica Diocesi, è profondamente e ampiamente legata alla storia delle presenze francescane nel suo territorio. Tra l’altro, a seguito di lotte interne e incendio del 1287, Papa Nicolò IV, Frate Minore, nel 1288, fece ricostruire la città col nome di Sant’Angelo Papale, tutt’attorno alla chiesa di S. Francesco (cfr. A. MAZZACCHERA, Una città per la chiea di San Francesco. Il caso della traslazione di Cagli voluta da papa Nicolò IV, in (A. MARCHI-A. MAZZACCHERA edd.) Arte Francescana. Tra Montefeltro e Papato 1234-1528, Skira Editore, Milano, 2007, 41-57). Si trovano in essa le vestigia di vari luoghi legati ai Frati Minori e alle Clarisse.
Il primo Convento francescano, S. Maria, risale, infatti, ai tempi di S. Francesco ed era collocato sulla via Flaminia, fuori della città. La chiesa ed il Convento S. Francesco risale al 1233. Dopo il terremoto che colpì la città nel 1279 e a seguito delle lotte intestine del 1287, la chiesa fu ricostruita nel 1288 e consacrata ufficialmente nel 1363. Recentemente, a seguito di restauri eseguiti all’interno, sono riemersi vari affreschi absidali che risalgono agli anni 40 del ‘300, sono da attribuire a Mello da Gubbio La chiesa è tipicamente quella gotico-francescana, a navata unica, mentre gli affreschi dell’abside riportano i patriarchi e i profeti nelle vele del catino e i dodici apostoli al di sotto di esse. Di notevole bellezza e importanza anche il cosiddetto Polittico di Cagli, del 1465, di Noccolò di Liberatore, detto l’Alunno, di Foligno, un tempo collocato nel centro del coro della chiesa e trasferito nel 1811 alla Pinacoteca Brera di Milano. Il Convento ebbe un incendio nel 1414 e fu, quindi, ricostruito. Fu perso nel 1810 e di nuovo nel 1861, anche se alcuni frati rimasero a custodia della chiesa fino al 1883.
Importante anche, a Cagli, il Monte di Pietà, che fu fatto edificare da Fr. Fortunato Coppoli da Perugia nel 1468.
Quanto alla presenza dei Frati Minori della più stretta Osservanza, c’è da ricordare che la primitiva Chiesa di S. Andrea, di proprietà della Confraternita omonima, fu donata ai Frati Minori Riformati nel 1617: era dentro le mura della città. Ma, non essendovi la possibilità di costruirvi il Convento, i frati dovettero acquistare un terreno per costruirvi la chiesa ed il Convento adatti alla comunità e fu trovato nel luogo in cui ancora oggi si trova la chiesa e l’ex Convento di S. Andrea, fuori le mura. Il Convento è dal 1868 ricovero per anziani. I lavori di costruzione dei due edifici furono portati a termine tra il 1627 ed il 1638. Nella chiesa si trova un crocifisso ligneo di Fr. Innocenza da Pietralìa. Nel 1675 fu consacrata ufficialmente la chiesa. Caduti la chiesa ed il Convento sotto le due soppressioni ottocentesche, i frati vi rimasero fino al 1891 I Cappuccini ebbero a Cagli il loro Convento di S. Geronzio, a partire dal 1568, con il Padre Baldantonio da Cagli, sostenuto sia dal Comune come dai Vescovi della città e Diocesi. Posto su una collina prospiciente e sopraelevata sulla città, dove preesisteva una rocca, restaurato nel 1610 per il pericolo di crollo imminente, da Ettore Berardi, nobile cittadino cagliese. La chiesa fu consacrata nel 1706. Riacquistato dopo le due soppressioni otto
centesche, è stato di recente chiuso e lasciato dai frati Cappuccini, che lo hanno edificato e abitato nei secoli (cfr. R.R. LUPI, I Cappuccini della Marca. Fonti Documentali, vol. I, Amandola, 2007, 1053-1055).
A Cagli vi furono nella storia due Monasteri di Clarisse. Uno preesistente alla ricostruzione della città nel 1288, poi ricostruito a seguito dei provvedimenti emanati da Papa Nicolo IV, col titolo di S. Andrea, poi S. Chiara, a ridosso della mura cittadine, e aveva indulgenze per le feste di S. Andrea, S. Chiara e la beata Agnese. Vi erano 34 religiose nel 1579. Fu soppresso nel 1810, dalle leggi napoleoniche e non fu più riaperto. Un altro monastero di Clarisse fu edificato nel 1500, col titolo di S. Nicolò; nel 1579 erano 15 suore. Anch’esso fu chiuso con la soppressione napoleonica.
Proseguendo per Pergola, si trova ancora una città ricca di presenze e di storia francescane. La Chiesa di S. Francesco, edificata nel 1255, fu consacrata nel 1325, a tre navate, ha un portale ogivale strombato con colonnine tortili del 1325, come pure una bella cupola ed il campanile, ricostruiti all’inizio del ‘900 . All’interno si conserva una croce dipinta di Mello da Gubbio del 1325. Aveva anche una Pala dell’Immacolata Concezione di Carlo Crivelli, del 1492, oggi alla National Gallery di Londra. Nella biblioteca si avevano due celebri bibbie miniate, oggi alla Biblioteca Angelica di Roma. La chiesa fu trasformata in stile neo classico nel ‘700. Il Convento e la Chiesa furono dati agli Agostiniani, dopo la soppressione del 1810, nel 1814.
I Frati Minori dell’Osservanza, ebbero, un loro primitivo Convento a poca distanza dalla città, ossia a Monterubbio, con la chiesa di S. Giorgio della Romita, nel Comune di Montevecchio, dove si trovava la terracotta invetriata di scuola robbiana dei primi anni del ‘500 e raffigurante la Vergine Assunta tra i Santi Giorgio, Girolamo, Francesco e Antonio di Padova, attribuita a Francesco Della Robbia (frate Ambrogio), nato a Firenze nel 1477. La pala è stata oggi depositata del 1932, nella Sala del Consiglio del Comune di Pergola (cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia Lauretana delle Marche. Monografie dei Conventi, Vol 4, Sassoferrato, 1945, 245-255)..
Successivamente, nel 1640, su richiesta della popolazione locale, su una collina sovrastante, nel colle Ferbole, sopra il fiume Cesano, fu edificato il Convento e la Chiesa di S. Antonio di Padova, in un luogo di proprietà dell’Abbazia di Nonantola. La Chiesa fu consacrata solennemente il 29 settembre 1776. Fu sede di vari Capitoli provinciali, di studio di teologia e di lanificio per i frati. Ma, caduto sotto le tremende soppressioni ottocentesche e senza possibilità di ritorno o riacquisto, a causa delle avversioni da parte delle autorità locali, fi abbandonato nel 1888. Da allora è ricovero per anziani, anche se rimangono aperta al culto la Chiesa e visibili le vestigia dell’antico Convento Anche i Cappuccini ebbero a Pergola il loro antico Convento, a partire dal 1603, dedicato all’Assunzione della beata Vergine Maria, a 1000 passi dal centro abitato. Anch’esso fu luogo di vari Capitoli provinciali e lanificio per i frati. Dopo le soppressioni ottocentesche, fu abbandonato nel 1878 e vi fu collocato nell’orto il Cimitero cittadino.
Ritornando verso Cagli e Fossombrone, o proseguendo da Fossombrone direttamente verso Urbino, riprendiamo l’itinerario principale, per poter seguire la via diretta per giungere a S. Leo, cuore di questo itinerario.
L’itinerario ci porta a concentrare il nostro sguardo all’incomparabile città di Urbino, la città-palazzo dei Duchi di Montefeltro, il cuore vitale della cultura umanistica del Quattrocento, con le tante opere d’arte conservate alla Galleria Nazionale, il palazzo del Laurana, con i caratteristici e fiabeschi Torricini, e i luoghi francescani di S. Francesco (chiesa gotica) e di S. Bernardino (rinascimentale mausoleo dei Duchi), oltre all’antico e al nuovo Monastero delle Clarisse. Chiesa e Convento S. Francesco. I Francescani arrivarono ad Urbino molto presto, praticamente ancora vivente San Francesco. Il primitivo luogo era presso la Fonte di Leone, in contrada Lavagine. Qui visse e vi morì Frate Marco dal Mutino, ossia tra Piandimeleto e Frontino, segretario di tre Ministri Generali, ossia Giovanni da Parma, Crescenzio da Jesi e San Bonaventura. Qui visse e morì il Beato Pelingotto da Urbino (1304). La costruzione della Chiesa di S. Francesco, in stile romanico-gotico, risale alla seconda metà del XIV secolo.
La chiesa, inizialmente si presentava a due navate; fu profondamente ristrutturata durante il XVIII secolo. Sono restate della preesistente struttura gotica il campanile con la sottostante cappella e il portico sulla facciata.
L’interno è a tre navate. In fondo all’abside troneggia la grande tela di Federico Barocci “Il perdono di Assisi” collocato sopra l’altare maggiore. Vi si trovano le tombe dei genitori di Raffaello (il pittore Giovanni Santi e la moglie Magia Ciarla), i pittori Timoteo Viti e Federico Barocci, l’architetto G. Battista Comandino, Bernardino Baldi, il Beato Pelingotto e molti altri.
La Cappella del SS. Sacramento è la ricostruzione settecentesca della cappella ducale, fatta erigere da Francesco Maria I Della Rovere tra il 1511 ed il 1516. I Frati Minori sono presenti ad Urbino, nella Chiesa e nel Convento S. Bernardino. Questo piccolo gioiello rinascimentale iniziò la sua costruzione nel 1482 subito dopo la morte di Federico da Montefeltro per assecondare il volere dello stesso Duca, il cui desiderio era quello di un degno luogo di sepoltura per sé e per i suoi successori. I lavori, ultimati nel 1491, seguirono le direttive di Francesco di Giorgio Martini, il celebre architetto che contribuì a rendere grande Federico in vita e che ora, con quest’opera, venne chiamato a mettere il suo talento a servizio del ricordo del suo benefattore. Egli si servì anche della collaborazione del giovane Donato Bramante. Sono del 1620 i monumenti sepolcrali di Guidobaldo da Montefeltro e di suo padre Federico posti uno in fronte all’altro ai lati della navata. Nel 1810 fu asportata la Pala Montefeltro, che si trovava presso l’altare maggiore e oggi si trova alla Pinacoteca Brera di Milano.
A fianco del mausoleo trovano posto il cimitero cittadino e il Convento francescano, convento che ha inglobato la duecentesca chiesa dedicata a S. Donato, dove riposano i resti mortali di Guidantonio da Montefeltro.
I Frati Cappuccini avevano in Urbino il loro Convento e la loro Chiesa. Un primo luogo fu quello sorto nel 1546 in località Crocicchio, verso Fermignano, dedicato a S. Giovanni Battista. Nel 1585 fu costruito un secondo Convento a fianco dell’ospedale e dedicato a S. Antonio Abate. Abbandonato questo nel 1600 se ne costruì un altro dedicato alle Stimmate di San Francesco,
abitato fino al 1798. Dopo una dimora temporanea presso la chiesa di S. Agostino, nel monastero dei canonici lateranensi, nel 1815 i Cappuccini ritornarono al vecchio convento delle Stimmate, dove rimasero fino al 1892. Questo luogo si trova su un colle, nella parte opposta della città rispetto ai Frati Minori, oggi vicino ai Collegi universitari. Un tempo ospitava una “Stimmatizzazione di San Francesco” di Federico Barocci, oggi al Metropolitan di New York.
Le Monache Clarisse ebbero ad Urbino un Monastero antico di Santa Lucia, accanto all’attuale Chiesa di Santo Spirito, a fianco di Palazzo Albani, sopravvissuto fino al 1884, ed un altro monumentale. Infatti l’ex Monastero S. Chiara è uno dei principali monumenti cittadini ed uno dei massimi esempi di architettura rinascimentale, attualmente sede dell’Istituto superiore per le industrie artistiche di Urbino. Fu costruito nel 1420 per ospitare il Conservatorio delle donne vedove; nel 1456 divenne a tutti gli effetti un Monastero di Clarisse, con la regola di Santa Chiara e l’affiliazione allo spirito della riforma dell’Osservanza, per volontà di Papa Callisto III e per intercessione del duca Federico III da Montefeltro.
Nel 1457 vi si ritirò in clausura la prima moglie del duca Federico III, Gentile Brancaleoni, e nel 1472 vi fu sepolta la seconda moglie del Duca, Battista Sforza. Nel 1482 anche Elisabetta da Montefeltro, una delle figlie del Duca Federico III, siritirò in questo monastero, dopo la morte del marito Roberto Malatesta. Divenuta suora, con la sua dote, avviò il restauro del Monastero, su progetto dell’architetto senese Francesco di Giorgio Martini. Successivamente i Della Rovere intervennero sulla Ciesa conventuale tra XVI e XVII secolo; dal 1538 divenne il Mausoleo ducale con la sepoltura del Duca Francesco Maria I Della Rovere, della moglie Eleonora Gonzaga, del figlio, il Cardinale Giulio Della Rovere, della nuora Giulia Varano e della nipote Eleonora o Lavinia Della Rovere. Nel 1864 destinata a Istituto di educazione femminile, e nel 1904 quando vi fu
istituito l’ospedale civile. Negli anni settanta l’ospedale venne trasferito in un nuovo fabbricato, nella periferia della città, e così l’ex-monastero divenne sede dell’Istituto superiore per le industrie artistiche.
Urbino, Chiesa e Monastero S. Chiara nuovo. Il nuovo Monastero è sorto piano piano, in una zona fuori le mura di Urbino dove erano cascine e casolari, all’inizio del secolo XX dopo il trasferimento delle ultime monache clarisse dall’antico monastero di S. Chiara. Attraverso successivi interventi e costruzioni la struttura ha assunto la fisionomia attuale fino al 1967-68. Nel 2000 è stato effettuato un primo intervento di ristrutturazione che ha interessato la parte interna del monastero destinata alla clausura. Il monastero, a ridosso delle mura della città, comprende la chiesa con un coro ligneo, una biblioteca, che viene adibita all’occorrenza a sala per incontri, un orto e un ettaro circa di terreno (bosco). Dispone di un appartamento per l’ospitalità (soprattutto di famiglie) situato in una palazzina distaccata poche decine di metri dal monastero, che può ospitare fino ad un massimo di 18 persone.
Anche in Urbania, antica Castel Durante, la presenza francescana è assai notevole. La struttura più antica è del XIII sec., un romitorio a Monte S. Pietro, a poco più di un chilometro dalla città, verso Fermignano. Successivamente, nel 1284, si costruì la chiesa ed il Convento S. Francesco. Il campanile è del ’400, ma con impronta romanica; il portale è attribuito a Lorenzo Ghiberti. La Chiesa è stata ricostruita nel XVIII sec. ed è considerata una riuscita espressione del barocchetto marchigiano. Di notevole interesse sono la grande pala dell’altare centrale di Giorgio Picchi “L’Assunzione della Vergine” (1582) e “L’Adorazione dei Magi” di Giustino Episcopi, pittore durantino. Nel primo altare a sinistra è conservata un’altra opera del Picchi “Il Presepe” e nel secondo la “Crocifissione” di Apolloni; il seminario diocesano (1833-1848) attivo fino agli anni ’70, oggi ricovero per anziani, mentre il chiostro è stato affrescato con le storie di S. Francesco da Giorgio Picchi (1570 ca.). I Frati Minori Conventuali vi rimasero fino alla soppressione napoleonica del 1810.
I Frati Minori dell’Osservanza ebbero ad Urbania il loro Convento e la loro Chiesa nel luogo denominato di Bichignano. Nel 1465, Federico III, Duca di Urbino, succeduto ai Brancaleone nel governo della città, costruì un parco per la caccia nel luogo di Bichignano e nel 1479 eresse il Convento per i frati, denominato il Barco o Parco. I frati della Riforma lo ebbero nel 1625 e lo dovettero lasciare nel 1891.
Il Barco è oggi sede delle attività e dei laboratori di ceramica e di artigianato artistico del Museo Civico, tenuti in collaborazione con l’Associazione Amici della Ceramica. I laboratori del Museo al Barco Ducale fanno parte del circuito “Museo del Metauro” della Comunità Montana Alto e Medio Metauro, assieme al Museo della Città di Urbino e al Museo di S. Francesco di Mercatello sul Metauro. Urbania, Chiesa e Convento Cappuccini ora S. Chiara nuovo. L’antico Convento dei Cappuccini, complesso risalente nella forma attuale al 1758, posto su un colle sopra la strada per Urbino, è dal 1975 Monastero delle Clarisse. Il Convento originale era stato dai Cappuccini edificato nel XVI sec. All’interno della Chiesa si trova la “Madonna con S. Michele Arcangelo e Francesco d’Assisi” (scuola del Barocci), all’altare di destra è custodita una “Madonna” di Pietro Tedeschi (1786). Dal piazzale della Cchiesa si gode uno splendido panorama su Urbania e l’alta Valle del Metauro. Le Monache Clarisse avevano in Urbania il loro antico Monastero dentro le mura della città. Il complesso, fondato nel ‘200, fu rimaneggiato nel 1626 e ha ospitato le Clarisse fino al 1972. La parte più antica è affiancata al corpo costruito dall’architetto ducale Girolamo Genga (sec. XVI), ora sede dell’Istituto tecnico commerciale per geometri “Francesco Maria II Della Rovere”. L’interno della chiesa è ricco di opere d’arte, fra cui la pala dell’altare maggiore “Madonna col Bambino e Santi” capolavoro di Girolamo Cialdieri (1629), oltre a opere di Giovan Francesco Guerrieri, un affresco della scuola urbinate e opere dell’Episcopi (fine ‘500).
L’itinerario prosegue per Sant’Angelo in Vado con la Chiesa ed ex Convento S. Francesco. Ubicata nelle vicinanze della Porta del Cavallo, la Chiesa di S. Francesco fu consacrata nel 1308, ma solo la facciata mantiene le caratteristiche trecentesche perché l’interno fu rifatto nel corso del Settecento.
L’edificio è ad una sola navata con transetto e cappelle laterali separate da lesene dai finissimi capitelli ionici con festoni, eleganti sagomature nella volta e nell’abside, nella cupola e nei bracci laterali del transetto. Degli affreschi trecenteschi è attualmente visibile una Madonna con Bambino di scuola toscana del Trecento.
Diverse le opere conservate: al pittore locale Girolamo Nardini, vadese attivo tra la fine del XV secolo e l’inizio del successivo, fu assegnata l’esecuzione del Cristo in pietà fra i SS. Francesco e Antonio da Padova; l’Assunta con S. Onofrio e S. Bernardino da Siena è opera firmata e datata 1771 da Domenico Peruzzini; della fine del Seicento sono i Tre Santi in estasi del pittore urbinate Giovanni Ortensio Bertuzzi. Si possono ammirare inoltre la lastra sepolcrale di Margherita Oliva, moglie del conte Santinelli della Metola, del 1550, e l’urna col corpo della beata Castora Gabrielli e la Cappella della Concezione dei Bianchi. S. Angelo in Vado, Chiesa ed ex Convento S. Maria degli Angeli. La Chiesa e il Convento di S. Maria degli Angeli (o degli Angioli) si trovano lungo la strada che da Sant’Angelo in Vado porta verso Mercatello sul Metauro e presso il Cimitero, non molto distanti dall’abitato. La chiesa e il convento sono del XVI secolo, proprio del primo decennio del 1500. Nel 1508 Elisabetta Gonzaga, Duchessa di Urbino, chiese la concessione del terreno comunale per erigervi un Convento dei Frati Minori dell’Osservanza, e il comune le donò il terreno, previa autorizzazione del Papa Giulio II. La chiesa di S. Maria degli Angeli, le cui fondamenta erano state poste il 25 ottobre del 1514, fu consacrata il 22 luglio 1610 da Mons. Consalvo Durante, Vescovo di Pennabilli. Un portale d’ingresso ci introduce nell’ex Convento (sec. XVI), un edificio a due piani, oggi, purtroppo, ridotto in pessimo stato. Nelle lunette del chiostro, sono affrescate scene che riguardano la vita di San Francesco con alcuni stemmi gentilizi di famiglie vadesi. I religiosi francescani dovettero abbandonare il Convento e la Chiesa, nel 1891, dopo le leggi di soppressione del 1866, e il Municipio entrò in possesso di tutto lo stabile e dell’attuale Cimitero che fu condotto a termine nel 1870. La Chiesa e il Convento sono stati di recente restaurati (prima del 2005).
Anche le Monache Clarisse ebbero a S. Angelo in Vado i loro Monasteri. La Chiesa ed il Convento di S. Chiara, di cui si ignora la data di fondazione, conserva ancora le numerose celle conventuali con lo stemma del vescovo Agostini Zamperoli che si fece carico dei restauri dopo il rovinoso terremoto del 1781. Fu abbandonato alla fine del ‘800. Sull’altare di destra è il Martirio di Sant’Agata, bella tela firmata e datata 1616 da Giovan Giacomo Pandolfi pesarese derivante dalla cultura zuccaresca, ed in quello di fronte una S. Chiara di Napoleone Geri (inizi Seicento), mentre sulla copertura sono affrescati gli episodi più significativi della vita della Santa, alla quale fanno riferimento anche le decorazioni sulla porta lignea che immette in chiesa.
Chiesa ed ex Monastero S. Bernardino. La Chiesa di S. Bernardino, eretta nel 1484, presenta una porta lignea intagliata con le immagini di San Francesco e San Bernardino, da condurre nell’ambito della lavorazione locale del legno: la Chiesa è a sala unica e totalmente riammodernata. La Chiesa è stata edificata, con relativo monastero (nel quale ora sono stati ricavati appartamenti) nel primo decennio del Cinquecento per iniziativa di un gruppo di nobildonne che già da alcuni anni si erano riunite con l’intento di vivere vita cristiana comune, mettendo insieme le loro sostanze; furono prese sotto la protezione di Elisabetta Gonzaga, consorte di Guidubaldo da Montefeltro. All’interno è conservata, un tempo sull’altare maggiore ora sulla parte sinistra, una Immacolata con i SS. Francesco e Bernardino, egregia prova di Giovanni Giacomo Pandolfi, risalente agli anni 1614 -16; un affresco strappato e poco leggibile raffigurante Cristo coronato di spine testimonia le decorazioni cinquecentesche realizzate all’interno del complesso. Concluse la sua storia alla fine del ‘800. Chiesa dell’Ascensione ed ex Convento dei Cappuccini. Il Convento fu costruito nel 1524 in località Monticello e dedicato all’Ascensione del Signore. Costretti i frati a lasciarlo nel 1880, il Convento passò al Comune (fine sec. XX), da cui lo comprò il Seminario che ci fece la villa estiva per i suoi alunni e tale restò fino alla chiusura del Seminario stesso. Dopo la Seconda Guerra Mondiale (anni 1957-58) il Convento fu tutto trasformato e ridotto in colonia elioterapica, per opera di don Antonio Aloigi. Dell’antico complesso resta il piccolo chiostro interno con un pozzo.
Giunti a Mercatello sul Metauro, antica Pieve d’Ico, si può innanzitutto ammirare la restaurata chiesa di S. Francesco, gioiello di arte gotica francescana. I francescani dopo che avevano abitato presso il romitorio di Fossato S. Martino, sulla strada per Città di Castello, entrarono nella città e dal 1230 o forse 1243 ebbero una dimora cittadina, con la chiesa S. Francesco, consacrata nel 1318. All’interno vi si ammirano il crocifisso ligneo di Giovanni da Rimini e il polittico di Giovanni Baronzio. Fu abbandonato dai Frati Minori Conventuali dopo la soppressione napoleonica del 1810. Sulla strada che dall’Umbria conduce nel Montefeltro, poco distante da Mercatello, il Poverello aveva un caro amico di nome don Bartolo, rettore della Pieve d’Ico nella Massa Trabaria, legato all’Ordine e alla sua storia iniziale. Secondo la testimonianza di fra Marco da Mutino (nominato al capitolo 48 dei Fioretti), che era di queste parti e fu “dictator” di ben tre Ministri Generali (fra i quali S. Bonaventura), don Bartolo accoglieva tutti i frati di passaggio. Francesco aveva tanta fiducia nella sua bontà e discrezione da autorizzarlo a ricevere i postulanti all’Ordine, oppure a mandare a lui quelli che avesse voluto. In quel tempo infatti erano pochi i frati. Anche Angelo Clareno (Liber Chronicarum I, 256-260) dice che a lui San Francesco, per la singolare sua santità, aveva demandato le sue veci in tutto e per tutto. I frati andavano con fiducia da lui, come ad un amorevolissimo padre e maestro delle loro anime. Accettava i frati alla Religione, riammetteva gli espulsi e i fuoriusciti. Le Monache Clarisse ebbero a Mercatello vari Monasteri. Il primo fu quello di S. Maria di Presagnolo, dei tempi di San Francesco, ad un miglio dalla Pieve d’Ico. La chiesa fu consacrata
nel 1239, ma le Monache lo dovettero abbandonare, perché insicuro, per entrare dentro le mura cittadine. Così edificarono il Monastero Santa Maria nel 1391 che sopravvisse fino al 1887, quando le ultime Monache passarono al Monastero S. Chiara di Urbania. Vi vissero tre sorelle di S. Veronica Giuliani. Altri due monasteri ebbero vita breve, ossia quello di S. Maddalena del Ponte e quello di S. Maria Nuova, Rimane, oggi, a Mercatello, il Monastero S. Cuore delle Cappuccine di S. Veronica Giuliani (1660-1727), aperto nel 1773 nella casa della Santa, per non perdere la memoria e la devozione, dato che essa era andata a vivere e morire nel Monastero di Città di Castello.
Lasciando la valle del Metauro per andare a quella del Foglia, attraverso la quale si giunge a S. Leo ed in Romagna, si arriva ad un’altra zona ricca di vari e antichi luoghi francescani. Secondo la tradizione fu questa la strada che percorse S. Francesco per andare in Romagna, e a S. Leo. Incontriamo innanzitutto il Convento S. Francesco di Lunano, ossia di Monte Illuminato, dove, secondo la tradizione, il santo di Assisi vi guarì una cieca. La Chiesa, consacrata da sette vescovi il 26 maggio 1325 è dedicata al santo di Assisi e alla Vergine. Restano visibili una parte del convento, il campanile, la cappella con volta a ombrello, già abside della chiesa. Il tutto oggi è casa per vacanze e vi è possibile celebrare i riti nuziali.
A Montefiorentino di Frontino il Convento e la Chiesa si fabbricavano nel 1248, su un antico romitorio, presso il quale, secondo la tradizione, era passato San Francesco. Nel 1484 fu eretta la cappella dei Conti Oliva, con le tombe di Gianfrancesco e di sua moglie Marsibilia Trinci e con la pala di Giovanni Santi, padre di Raffaello. Il sacro luogo di Motefiorentino accolse Frate Matteo da Bascio, riformatore e fondatore dell’Ordine dei Cappuccini, quando dal suo paese di origine chiese per la prima volta di entrare nell’Ordine francescano. La Chiesa è stata riportata, con i restauri, alla semplicità dello stile gotico francescano; un bel portale, il portico, il chiostro abbelliscono il tutto con elegante sobrietà.
I Frati francescani cominciarono ad insediarsi a Carpegna nel 1491, nella zona di S. Maria di Paterno, per fondarvi una Chiesa con il titolo dell’Annunziata e di S. Francesco. Vi rimasero fino al 1599. Poi si trasferirono nell’abitato di Carpegna, dove costruirono Chiesa e Convento nel 1614. I Frati vi hanno abitato e officiato fino a pochi anni or sono (cfr. G. PARISCIANI, Carpegna. 500 anni di presenza francescana, Ancona, 1993).
Il Convento dei Cappuccini di Pietrarubbia fu fondato nel 1531, a fianco di una Chiesa dedicata a S. Lazzaro, sede di un ospizio per la cura degli appestati. Fu uno dei primi Conventi della riforma cappuccina e vi si celebrò il primo capitolo provinciale. Ospitò S. Giuseppe da Copertino nei suoi trasferimenti comandati dalla Curia romana e dai Superiori. Da alcuni anni è sede di una comunità femminile di suore.
Arriviamo così a S. Leo, l’antica Montefeltro, che è il centro religioso e politico di tutta questa zona dell’alto territorio del Montefeltro. Qui ricordiamo prima di ogni altra cose il racconto del passaggio di San Francesco, secondo la narrazione che offre la prima delle cinque Considerazioni delle Stimmate, appendice ormai stabile de I Fioretti di San Francesco. Il giorno in cui S. Francesco giunse a S. Leo è ricordato e fissato, per tradizione, tramandata dai posteri, all’8 maggio 1213. Dalla I Considerazione delle Stimmate: San Leo rimane, quindi, il luogo dell’incontro di San Francesco con la cavalleria “nobile” e “cortese”, con chi, per gratitudine gli ha donato un luogo per pregare e Ma, a S. Leo Francesco ricevette non solo il dono de La Verna, ma anche un luogo più vicino e altrettanto grazioso e solitario: Santigne o Santegna. La Chiesa fu consacrata nel 1244 e conserva ancora oggi i tratti degli antichi Conventi francescani: la semplicità e linearità della chiesa nelle sue linee gotiche, pur con l’abside rifatta nel ‘800; il chiostro, un vero gioiello di 4 corridoi contornati da colonnine di pietra ottagonali; la caratteristica sala del capitolo con la porta e le finestre in arco gotico; la zona del refettorio, della cucina e dei dormitori, rimasti come pietrificati dal tempo e dall’abbandono. I frati Conventuali lo dovettero lasciare a seguito della repubblica italica e della soppressione napoleonica del 1802 (cfr. G. PARISCIANI, Santegna: il “luogo” francescano di San Leo, Ancona, 1990). Sebbene oggetto di recenti restauri la chiesa, il luogo di Santigne necessita un intervento sapiente e lungimirante e soprattutto il ritorno da queste parti di una comunità francescana che sappia ripristinare il canto, la preghiera, il suono e la voce di quel singolare pellegrino che lasciò indelebile il segno da queste parti: Francesco d’Assisi.
Arriviamo, poi alla Repubblica di S. Marino, “antica terra della libertà”, dove la presenza francescana, accompagna fin dal suo sorgere la storia di questo piccolo Stato e di questa indomita Repubblica. In effetti i francescani si insediarono a S. Marino fin dal 1213, l’anno del passaggio a S. Leo, nella selva del Serrone o della zona di Murata, con un piccolo eremo ed una cappella dedicata alla Madonna.
Per far entrare i frati dentro il castello munito di mura di difesa, si costruì una chiesa ed un convento negli anni 1361-1364, dedicati a San Francesco. Ancora oggi salendo nelle vie erte del Castello, si trova questa piccola chiesa ed il conventino, a testimonianza di una ininterrotta presenza. Peccato che oggi i frati non ci siano più, avendo lasciato la cura della chiesa e della casa ad una comunità di suore. I Frati Minori, hanno iniziato la loro presenza in questo Stato soltanto recentemente, ossia a partire dal 1964, avendo costruito il Santuario del Cuore Immacolato di Maria e la Casa di spiritualità S. Giuseppe nella località di Valdragone: un centro mariano di notevoli dimensioni e di riferimento per tanti devoti e avventori che trovano qui rifugio, sollievo e conforto.I Frati Minori Cappuccini hanno il loro Convento, fondato nel 1583, col titolo di S. Quirino. Oggi, parte del Convento è adibito a carcere.
Le Monache Clarisse, che oggi vivono nel loro Monastero accanto al Centro mariano di Valdragone, hanno avuto a S. Marino una storia secolare, con l’antico Monastero S. Chiara, ideato nel 1565 e portato a termine nel 1609.
Per concludere il viaggio dietro le orme di S. Francesco nel Montefeltro, con lo sguardo fisso a La Verna, passiamo nella frazione di Maciano, nel Comune di Pennabilli, dove i Frati Minori hanno costruito un Convento intitolato a S. Maria dell’Olivo, nel 1529 (cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia lauretana delle Marche, Vol 3, Sassoferrato, 1941, 336-356). Esso ha oggi accanto il piccolo e familiare cimitero ed è stato recentemente restaurato.
Per concludere il viaggio dietro le orme di S. Francesco nel Montefeltro, con lo sguardo fisso a La Verna, passiamo nella frazione di Maciano, nel Comune di Pennabilli, dove i Frati Minori hanno costruito un Convento intitolato a S. Maria dell’Olivo, nel 1529 (cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia lauretana delle Marche, Vol 3, Sassoferrato, 1941, 336-356). Esso ha oggi accanto il piccolo e familiare cimitero ed è stato recentemente restaurato.
Così il pellegrino può proseguire il suo cammino ed il suo viaggio puntando decisamente verso il Monte della Verna, nel Casentino, nel Comune di Chiusi, là dove, come aquile, Francesco e i suoi compagni, poterono dedicarsi e perdersi nel cielo immenso e nello sconfinato mare della contemplazione e della partecipazione alla passione del Signore. La strada che porta a Pieve Santo Stefano e poi risale verso La Verna e poi il fiume Marecchia, e attraverso il valico di Viamaggio, passando per l’eremo del Cerbaiolo, luogo anch’esso francescano, raggiunge vette sublimi, boschi incantati, sentieri tortuosi, paesaggi e panorami mozzafiato. Per andare a La Verna si deve salire, salire in alto, affaticarsi assai. Ma, ne vale la pena, perché se è stato possibile non fermarsi lungo il percorso dei tanti luoghi francescani del Montefeltro è giocoforza proseguire fino alla meta, alla vetta, alla cima dell’itinerario, dove tutto si placa e tutto si comprende, in sintesi finale. Per contemplare.